12:15, 23 MAGGIO 2021, STRESA
Questa data purtroppo sarà ricordata per molto tempo, in particolare dal piccolo Eitan, un bambino di 5 anni, unico sopravvissuto dell’incidente della funivia Stresa-Alpino-Mottarone.
MA A COSA SI RIFERISCE?
Domenica 23 maggio 2021, Amit Biran, sua moglie Tal Pelag, i loro figli Tom e Eitan Biran e i bisnonni Barbara e Itshak Cohen, Serena Cosentino e il fidanzato Mohammadreza Shahaisavandi, Silvia Malnati e il fidanzato Alessandro Merlo, Vittorio Zorloni, la moglie Elisabetta Persanini e il figlio Mattia e infine Angelo Gasparro e la moglie Roberta Pistolato si sono trovati sulla cabina numero 3 della funivia che collega il paese di Stresa con la cima del monte Mottarone. Una domenica di sole, nella quale queste quindici persone pensavano di poter passare un momento di pace e tranquillità all’aria aperta, dopo 6 mesi di continui lockdown che ci hanno costretti a rimanere in casa, ma che si è trasformata in una tragedia.
Alle 12.15 la cabina era a circa 150 metri dalla stazione d’arrivo, quando improvvisamente è scesa all’indietro a causa di un cedimento strutturale della fune trainante, per poi sganciarsi dalla fune in corrispondenza di uno dei piloni del tracciato ed è precipitata al suolo dopo una caduta di oltre 20 metri.
Ricostruzioni successive hanno evidenziato come il crollo della cabina, oltre all’allentamento della fune trainante, sia stato causato dalla presenta del cosiddetto “forchettone”. Quest’ultimo è una piastra di metallo rossa che viene messo sopra i freni di emergenza per mantenerli aperti, ciò impedisce che questi entrino in azione. Gabriele Tadini, il capo servizio dell’impianto, ha dichiarato di aver inserito i forchettoni per evitare di dover chiudere la funivia, a causa di malfunzionamenti generali dell’impianto.
Quattordici le vittime di questa vicenda infausta, che a dire dei parenti dei non sopravvissuti “sono stati ammazzati per una questione di soldi”. Inizialmente nel pomeriggio della domenica erano stati trasportati all’ospedale di Torino due bambini, Eitan e Mattia. Entrambi con ferite gravi, nella serata di domenica, Giovanni La Valle, direttore generale dell’ospedale, ha dovuto dare la notizia della morte del piccolo Mattia, mentre Eitan, è riuscito a sopravvivere a questa terribile vicenda, nonostante le gravi ferite riportate.
Eitan, un bambino di cinque anni, che dovrà accettare la morte prematura di tutta la sua famiglia e di essere l’unico sopravvissuto ad una tragedia. Si pensa che si sia salvato grazie al padre, che lo ha protetto dallo schianto con il suo corpo. Come è possibile per un bambino accettare questa situazione?
I cittadini di Stresa, il sindaco, le forze dell’ordine e tutti coloro che sono intervenuti a prestare soccorso e cercare gli eventuali superstiti, come riescono ad accettare quello che è successo, e la situazione tragica che si sono trovati a gestire?
I parenti delle vittime, come fanno a sopportare questa tragedia?
Il TRAUMA è tutto ciò che sovrasta le risorse personali in modo troppo veloce e non colpisce solo le persone che hanno vissuto il trauma in prima persone. Esiste infatti il “trauma secondario”, che colpisce tutte le persone che interagiscono con vittime di trauma primario, con i loro vissuti e i loro racconti. C’è poi la “traumatizzazione vicaria”, ossia un contagio psichico specifico degli operatori che lavorano a contatto con persone traumatizzate e che hanno la stessa sintomatologie di coloro che vivono il trauma in modo diretta, ma in intensità minore.
Per evitare un trauma, o comunque normalizzarlo senza eccedere nella patologia, è necessario l’intervento di psicologi e professionisti del settore, che possono essere presenti direttamente sul campo, pronti ad intervenire in caso di difficoltà.
A occuparsi di ciò è la PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, che si occupa di tutti i processi psichici individuali, gruppali, organizzativi e comunitari, che partecipano ai contesti connessi a cambiamenti ambientali rapidi, improvvisi, estremi e devastanti (come le crisi).
Il piccolo Eitan, è già seguito da un team di psicologi, guidati dalla psicologa Marina Bertolotti, che dovranno aiutarlo nel suo risveglio, affinché questo sia meno traumatico.
Il bambino, però, non è l’unica vittima dell’intera vicenda; come abbiamo esposto in precedenza ci sono tutti coloro che sono intervenuti a dare una mano per la ricerca dei sopravvissuti, gli abitanti del paese che ogni giorno vedono salire sulla funivia parenti e amici e la domanda che ora si pongono è “E se ci fossi stata io?”, ci sono poi i dipendenti della funivia, il sindaco, e tutti i funzionari. È importante occuparsi di questi sul campo, ed è qui che deve intervenire lo Psicologo delle Emergenze.
Guardiamo più da vicino questa disciplina, non nota ai più, ma che riveste una posizione primaria in situazioni di crisi.
L’emergenza, oltre ad essere un evento drammatico e inaspettato, è un’esperienza che ci modifica nel profondo e che modifica anche il nostro ambiente circostante, ma non necessariamente il cambiamento ha una connotazione negativa, l’importante è essere tempestivi nel circoscrivere i pensieri, le emozioni e i comportamenti dei soggetti in causa. Viene definita crescita post traumatica, infatti, quella crescita positiva personale che emerge da una situazione emergenziale o di crisi. Ovviamente lo Psicologo delle Emergenze non può tornare indietro nel tempo nè impedire la sofferenza, ma può evitare che si sviluppi una sintomatologia patologica ed incorrere, ad esempio, in un Disturbo Post Traumatico da Stress infatti l’importanza dell’intervento è anche volta alla prevenzione come forma di protezione dei soggetti. Il piccolo Eitan è stato risvegliato lentamente e allo stesso modo si è atteso che si riprendesse in primis fisicamente. Non sappiamo attualmente se il piccolo è già a conoscenza dell’accaduto, ad ogni modo, il voler prendere tempo da parte dei medici e della psicologa prima di comunicare la notizia è volto alla protezione del soggetto per evitare o almeno cercare di contenere che un ulteriore stress psicologico e cognitivo potessero peggiorare la sua situazione e ritardare il recupero. Parliamo comunque di un bambino di 5 anni che ha modalità di percezione del rischio e del dolore differenti da noi adulti.
Chi è lo Psicologo dell’Emergenza?
Lo Psicologo dell’Emergenza è uno Psicologo che ha conseguito la Laurea Magistrale e superato l’Esame di Stato per l’abilitazione alla Professione Psicologo iscrivendosi all’Albo degli psicologi nella sezione A. Non esiste, ad oggi, un percorso universitario che forma i professionisti in questo settore, per cui lo psicologo dovrà seguire dei Corsi di Formazione o Master negli ambiti dell’emergenza per sviluppare conoscenze e competenze adeguate. Non necessariamente è anche uno psicoterapeuta.
Il ruolo di uno Psicologo delle Emergenze ha un’importanza inestimabile. È colui che sa rapportarsi ogni giorno con eventi traumatici di varia natura, passando dalle emergenze quotidiane come l’incidente stradale alle maxi emergenze come i terremoti e le alluvioni. Sa di doversi confrontare continuamente con i limiti propri e degli altri, perché non dimentichiamo che anche gli operatori del soccorso sono esseri umani dotati di pensieri ed emozioni individuali, esperienze di vita e vissuti che talvolta potrebbero incidere sulla gestione dell’evento, ma il compito più difficile e angosciante è quello di dover tentare di dare una spiegazione a quegli eventi che un senso non ce l’hanno.
Si occupa dell’essere umano e di tutte le sue sfaccettature durante gli eventi critici, per promuovere la salute mentale e migliorare le sue competenze sociali. È una persona motivata e forte, in grado di sopportare e gestire il grande carico che si appresta ad affrontare.
Ma che cosa fa lo Psicologo delle Emergenze?
Progetta e attua piani di intervento e il Triage psicologico che consiste in una valutazione rapida dello stato di scompenso e quindi della gravità cognitivo-affettivo nelle vittime in situazioni di calamità, effettua interventi di sostegno psicologico come il colloquio clinico, il defusing volti all’elaborazione del vissuto, si occupa anche di prevenzione dei rischi, valutazione delle risorse psicosociali, dei bisogni e delle aspettative delle vittime e infine contribuisce alla formazione psicosociale degli operatori dell’emergenza relativamente alle tematiche psicologiche. È chiamato ad operare in maniera attiva in ogni situazione di emergenza, comprese le strutture pubbliche e private.
L’intervento psicologico risulta avere un apporto positivo per i sopravvissuti offrendo anche un sostegno per i soccorritori e migliorando la comunicazione tra gli individui e nella gestione delle notizie. I fini principali sono quelli di preservare e ripristinare l’equilibrio psichico di tutti i soggetti coinvolti laddove esso sia alterato recuperando l’identità personale e sociale e offrendo una rete di aiuto pubblica e privata.
In conclusione, dopo un breve excursus di ciò che è lo Psicologo dell’Emergenza, possiamo affermare con certezza che talvolta, seppur la vita sia dura e tragica in alcuni momenti, il suo supporto può fare la differenza per aiutarci ad affrontare ciò che di inaspettato siamo costretti a vivere e ad accettarne le conseguenze e il cambiamento.
Dott.ssa Valentina Gargiulo Dott.ssa Angelica Mencarini
FONTI DI BIBLIOGRAFIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_della_funivia_Stresa-Alpino-Mottarone
Quotidiano “La Nazione”
Lo Psicologo dell’emergenza: Chi è e cosa fa? – IGEA CPS
Sbattella F., (2009), “Manuale di Psicologia dell’Emergenza”
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