Stalking - un'analisi psico-giuridica | Il caso di Gessica Notaro

Il termine “stalking” deriva dall’inglese “to stalk” che significa appostare, seguire e tampinare. Lo stalking rappresenta una forma di aggressione messa in atto da un persecutore, lo stalker, che irrompe in maniera ripetitiva, intrusiva e distruttiva nella vita privata di un altro individuo, causandogli gravi conseguenze fisiche e/o psicologiche.

Il fenomeno dello stalking può manifestarsi attraverso comunicazioni indesiderate, comportamenti indesiderati e comportamenti associati da parte del persecutore, che talvolta sono intrecciati tra di loro.

Le forme più comuni di comunicazioni indesiderate sono rappresentate da lettere, telefonate, sms ed e-mail, che possono essere rivolte direttamente alla vittima ma anche a familiari, amici e colleghi di lavoro di quest’ultima. I comportamenti indesiderati comprendono tutti quei comportamenti diretti in qualche modo ad avvicinare la vittima: i più diffusi sono i pedinamenti, gli appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro, il recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima. Infine, i comportamenti associati comprendono tutti gli atti per danneggiare o intimidire la vittima: tipiche condotte sono l’ordine o la cancellazione di beni e servizi a carico della stessa, come il far recapitare cibo o altri oggetti all’indirizzo della vittima, anche a tarda notte.

Tutti questi comportamenti condividono la medesima caratteristica: sono persecutori e insistenti e la persona che li subisce ne risulta impaurita e angosciata.

Le tipologie

Secondo Mulle, Pathè e Purcell (2000) esistono 5 tipologie di stalker:

  1. Il respinto→ ha avuto in passato una relazione sentimentale con la vittima e le motivazioni sono rappresentate dal desiderio di riallacciare il rapporto o il tentativo di vendetta. Questo aggressore può essere molto insistente e intrusivo, e inoltre può soffrire di disturbi di personalità dipendente, narcisista, paranoide, e in alcuni casi può presentare un disturbo da uso di sostanze.
  2. Il cercatore di intimità→ tenta di costruire una relazione con una persona che lo attrae o che ritiene sia innamorata di lui. Spesso ha avuto poche relazioni sentimentali in passato e si sente solo. È molto insistente perché pensa che la vittima stringerà una relazione con lui solo se ci metterà impegno e può soffrire di disturbi che vanno dalla schizofrenia al delirio erotomanico, oppure presentare un disturbo narcisistico di personalità.
  3. Il corteggiatore inadeguato→ lo scopo è quello di costruire una relazione sentimentale con la vittima. È una persona incapace di stabilire relazioni amicali e/o sentimentali, ed è spesso incapace di accettare il rifiuto. Questo tipo di stalker può diventare violento quando la vittima gli oppone resistenza e a volte può presentare un ritardo oppure un disturbo mentale.
  4. Il rancoroso→ è motivato dal desiderio di vendicarsi e di creare paura e tensione nell’altra persona. Percepisce sé stesso come una vittima e talvolta vede quest’ultima come un simbolo delle persone che lo hanno umiliato in passato e proprio per questo la vittima viene scelta in modo casuale. Può presentare un disturbo di personalità paranoide o un disturbo delirante, e agire con violenza.
  5. Il predatore→ pensa ossessivamente alla vittima in termini sessuali: prepara l’aggressione nei minimi dettagli, mettendo in atto un’ampia gamma di comportamenti persecutori come pedinamenti e appostamenti. Può diventare violento e mostra problemi di empatia, autostima e difficoltà nel funzionamento sociale e nelle relazioni sessuali.

Lo stalker

Alcuni studi effettuati sulla personalità degli stalker hanno indicato che le origini dei comportamenti persecutori affondano le radici nelle prime esperienze infantili legate alle figure di riferimento, che influenzano le aspettative e i comportamenti futuri, in particolare nelle relazioni affettive.

Dai risultati di una ricerca condotta da Patton, Nobles e Fox (2010), emerge un’importante correlazione tra il fenomeno dello stalking e lo stile di attaccamento dello stalker: l’attaccamento insicuro-ambivalente-ansioso era associato in modo significativo a comportamenti persecutori. I pazienti che possiedono questo particolare pattern di attaccamento presentano ansia nelle relazioni sociali e tendono a mettere in atto comportamenti associati a gelosia e rabbia, a seguito della separazione dal proprio partner.

La vittima

La vittima perseguitata dallo stalker subisce alterazioni significative del benessere psicologico. Molto dipende dal grado di intensità e dalla gravità degli atti persecutori: più i comportamenti sono frequenti e gravi, più la vittima si troverà a sperimentare un disagio psicologico. Altro elemento che può incidere sull’intensità dei vissuti emotivi sperimentati dalla vittima è rappresentato dalla persona che mette in atto questi comportamenti, dal momento che il tipo di rapporto tra quest’ultimo e la vittima è in grado di incidere sul livello di malessere subito: non a caso, lo stalking messo in atto da un ex partner è più sconvolgente, rispetto a quando è uno sconosciuto a perpetrare atti persecutori.

La vittima è quindi sottoposta a elevati livelli di stress e si trova a vivere in un continuo stato di ansia e paura, e può addirittura arrivare a stravolgere le sue abitudini di vita.

Una sensazione comune è quella di aver perso il senso di controllo sulla propria esistenza e questo può portare la vittima a prendersi sempre meno cura di se stessa, arrivando persino ad isolarsi dagli affetti.

Alcuni disturbi osservati di frequente sono quindi il disturbo d’ansia, l’evitamento sociale, la depressione, l’insonnia e infine il disturbo post-traumatico da stress.

Il profilo giuridico

Con decreto legge n. 11 del 23 febbraio 2009 (recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito con modificazioni nella legge n. 38/2009, è stato introdotto l’art. 612 bis, nel Titolo XII del codice penale (Delitti contro la persona), nella sezione III dedicata ai delitti contro la libertà morale, il quale punisce il delitto di “Atti persecutori“.

Si tratta di una fattispecie introdotta nell’ordinamento per rispondere a una sempre più accesa esigenza di allineare la normativa italiana a quella di molti altri paesi nella lotta contro il diffuso fenomeno dello “stalking”, consistente in comportamenti seriali, omogenei ed eterogenei, intrusivi ed ossessivi, che si traducono in un autentico tormento per le vittime, con conseguenze anche gravi sotto il profilo psicofisico (e possono rappresentare, nella maggior parte dei casi, l’anticipazione di reati più gravi, come violenza sessuale, lesioni, fino ad arrivare all’omicidio). Tale fattispecie ha colmato – seppur in parte – un vuoto legislativo proprio del sistema italiano, in quanto prima della sua entrata in vigore la giurisprudenza era costretta a ripiegare sulla contravvenzione sulle molestie (art. 660 c.p.) o sui delitti di ingiuria (art. 594 c.p., oggi depenalizzato), atti osceni (art. 527 c.p.), o violenza privata (art. 610 c.p.).

Già dal primo anno dall’entrata in vigore del presente articolo, le persone denunciate sono state più di 7.000, le persone arrestate più di 1.200, e le richieste di aiuto di oltre il 25%.

Il testo attuale dell’art. 612 bis, dopo le modifiche apportate con il decreto legge del 14 agosto 2013, n. 93 (convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119) afferma che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. 

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. 

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio“.

Come noto, è stata pubblicata, in gazzetta ufficiale del 25 luglio 2019, la legge 19 luglio 2019, n. 69, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, meglio conosciuta come “Codice Rosso”, con la quale sono state disposte incisive modifiche al diritto penale sostanziale (e non solo). Tale legge importa infatti fondamentali modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e ad altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere; i reati che vengono contemplati attengono alla violenza domestica e di genere e, in relazione a queste fattispecie, la disposizione di legge interviene sul codice di procedura penale per velocizzare l’instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Inoltre, vengono inasprite le pene per alcuni dei citati delitti: ad esempio, per quanto concerne il reato di stalking, si passa da un minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni a un minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi.

Analizzando nello specifico la fattispecie di reato, il soggetto attivo è chiunque, in quanto si si tratta di reato comune; l’elemento oggettivo consiste nelle condotte reiterate di minaccia o di molestia (ossia l’interferenza nella sfera di tranquillità del soggetto passivo) nei confronti della stessa persona. Quanto all’evento, l’art. 612 bis richiede che dalle suddette condotte conseguano gli eventi, alternativi o anche cumulativi, consistenti (a) negli eventi psicologici del perdurante e grave stato di ansia o di paura, (b) nell’evento pure psicologico di un fondato timore del soggetto passivo per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, o (c) nell’evento materiale comportamentale dell’alterazione delle proprie abitudini di vita. L’elemento soggettivo richiesto è, trattandosi di reato a dolo generico, nella coscienza e volontà delle reiterate molestie o minacce. 

Il caso di Gessica Notaro

Il caso oggetto del presente articolo riguarda l’ex modella Gessica Notaro, nata a Rimini nel dicembre del 1987, la quale è divenuta, a causa di un evento di cronaca che l’ha vista direttamente coinvolta, un vero e proprio simbolo di lotta contro le violenze di genere.

Tutto accade l’11 gennaio 2017, a Rimini. Gessica stava rincasando da una cena, quando, nel buio, intorno alle 22:30, il suo ex Eddy Tavares le ha sfregiato il volto buttandole addosso dell’acido.

Tutto ciò che ne è seguito è stata una lunga convalescenza in ospedale, dove Gessica è stata ricoverata in condizioni critiche per le gravissime ustioni, le quali hanno causato danni permanenti all’occhio sinistro.

In realtà, ciò che ha più sconvolto di questa triste vicenda, è che nel corso della loro relazione il 31enne si rivelò fin da subito rabbioso e aggressivo, tanto che, dopo l’ennesimo episodio violento, Gessica decise di lasciarlo mettendo fine a una convivenza di due anni. In quel momento, ebbero inizio i comportamenti persecutori a cui fece seguito una denuncia della ragazza (per cui il Pubblico Ministero chiese il carcere) ma alla denuncia seguì solo un divieto di allontanamento che gli imponeva di stare a 50 metri da lei: divieto che Tavares non ha minimamente rispettato.

Tale storia, oggetto di innumerevoli reazioni di rabbia e angoscia da parte del pubblico, ha comunque avuto un risvolto positivo, che ci fa ancora credere che in fondo, la giustizia esiste: a seguito di un lungo processo penale, nel dicembre 2020 la Suprema Corte di Cassazione ha infatti confermato la decisione della Corte di Appello, la quale ha condannato nel 2018 Eddy Tavares a una pena di reclusione pari a 15 anni, cinque mesi e 20 giorni. I giudici di secondo grado definirono infatti la violenza con l’acido come una “plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima, privandola non solo della sua speciale bellezza, ma della sua stessa identità, così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola ‘possedere’ egli stesso”. La sentenza confermò inoltre l’espulsione dall’Italia di Tavares a fine pena e il risarcimento del danno alle parti civili.

Gessica si è sentita finalmente “sollevata, libera”. Ha anche lanciato un appello allo Stato: “Vorrei chiedere di affiancare ai giudici dei professionisti come psicologi o psichiatri, nel caso in cui ci sia una denuncia di stalking con delle indagini preliminari. Chi interroga un uomo maltrattante, deve avere la preparazione tecnica per definire il grado di pericolosità e questo non può avvenire quando il giudice si trova da solo. Non essendo un professionista ha un grande margine di errore“. 

Dott.ssa Fabiana Cecoro

Dott.ssa Sofia Gibelli