Nelle ultime settimane, il Ddl Zan ha spopolato sui social: personaggi famosi, da artisti ad influncer, hanno mostrato la mano con su scritto “Ddl Zan” e l’hashtag #diamoci una mano, iniziativa lanciata in rete dal giornalista Simone Marchetti, direttore editoriale di Vanity Fair Italia, invito per far diventare virale la richiesta di accettazione della legge Ddl Zan, soprattutto dopo l’accaduto di Malika Chalhy, la ventiduenne cacciata di casa dai genitori dopo aver rivelato loro di essere lesbica.
Presto la discriminazione o la violenza fondata su motivi di genere, sesso, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità sarà punita in Italia conformemente a quella fondata sui motivi razziali, o almeno così sembrava lo scorso 4 Novembre quando la Camera dei Deputati aveva approvato in prima lettura il disegno di legge contro l’omofobia, conosciuto come il Ddl Zan, dal cognome del suo relatore.
In realtà, dopo sì alla Camera, il Ddl Zan contro l’omotransfobia è stato fermo al Senato per ben più di cinque mesi, ma ora, grazie al buon esito dell’iniziativa virale, pare che le cose stiano finalmente per cambiare in quanto il decreto è stato incardinato nella Commissione Giustizia.
Dal mese di Novembre ad oggi è cambiato il Governo e la nuova maggioranza comprende forze che sono contrarie al disegno di legge sostenendo che lo stesso rappresenti un rischio per la libertà di espressione e che, in ogni caso, violenza e discriminazioni sono già un reato.
A dire il vero, se oggi una persona ne aggredisce un’altra per ragioni di razza, etnia e regione viene punita con un’aggravante prevista dalla Legge Mancino.
Per contro, se l’aggressione è diretta verso una persona o una coppia in quanto gay la predetta aggravante non si applica, circostanza che consente di rilevare l’assenza di una legge che contrasta i crimini d’odio.
Più precisamente, il cuore del disegno di legge mira a modificare l’articolo 604bis del codice penale che, ad oggi, punisce con la reclusione fino a sei anni i reati di propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, aggiungendo gli atti gli atti discriminatori fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” e prevedendo pene detentive fino a quattro anni, commutabili, almeno parzialmente, in lavori di pubblica utilità da svolgere anche presso associazioni di tutela delle vittime.
Inoltre, il fatto che il testo contenga un termine generico, come è quello, per l’appunto, di orientamento sessuale, e non parli specificamente di omosessualità, legittima a ritenere che il Ddl Zan sia volto anche alla protezione dell’eterosessualità.
Infine, è doveroso sottolineare che è stato previsto un finanziamento di 4 milioni per il Fondo pari opportunità della Presidenza del Consiglio volto a finanziare politiche per la prevenzione e per il contrasto della violenza correlate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, nonché per il sostegno delle vittime.
Da ultimo, ma non per importanza, è prevista l’istituzione di una giornata nazionale contro le discriminazioni, calendarizzata per il 17 maggio.
Confidiamo, quindi, nello sblocco del disegno di legge contro l’omotransfobia dellì 28/04 u.s. e nell’approvazione in Senato del Ddl Zan per tentare, quantomeno, di porre fine agli atti discriminatori fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
Dott.ssa Cecilia Gerbotto
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