Baby prostituzione: un fenomeno allarmante
La vicenda delle Baby Squillo dei Parioli, nel 2013, scosse l’Italia intera. Le protagoniste erano due 15enni, cadute nei giro di prostituzione della Roma “bene”. Tra i loro clienti c’erano parecchi uomini d’affari ed importanti esponenti politici. A gestire gli incontri delle due giovanissime ragazze erano Mirko Ieni, condannato a nove anni e quattro mesi di carcere, e Nunzio Pizzacalla, caporale maggiore dell’esercito che metteva a disposizione una casa nel quartiere più bello e ricco di Roma. All’inizio gli incontri con i clienti erano sporadici e avvenivano in auto, poi con l’allargarsi del giro le giovani ragazze avevano iniziato ad incontrare i propri clienti nella casa che Nunzio aveva messo a loro disposizione.
La serie italiana “Baby”, che si trova su Netflix, fa un ritratto fedele della vicenda.
Della prostituzione minorile in Italia però, si sa ancora poco: si tratta di un fenomeno molto diffuso, ma purtroppo ancora sommerso, che ogni tanto giunge all’attenzione dell’opinione pubblica grazie ai notiziari televisivi e alle prime pagine dei quotidiani.
Nel presente articolo verrà analizzato il fenomeno della prostituzione minorile volontaria, che avviene quando è il minore, più spesso di sesso femminile, a decidere di vendere il proprio corpo in cambio di denaro.
Secondo il professor Renato Fontana, docente di sociologia all’Università “La Sapienza” di Roma e autore di diversi contributi sul tema della prostituzione, queste ragazze probabilmente “scelgono” di fare questa esperienza perché la vivono “a tempo”, volta cioè ad ottenere dei benefici nel breve termine senza però pensare di intraprendere l’attività della prostituzione come un vero e proprio lavoro.
Sicuramente è molto presente il bisogno di sperimentare, di provare nuove esperienze, fattore tipico adolescenziale. Inoltre, l’avere “tutto e subito” e a qualunque prezzo, è sicuramente una “spinta” a questo genere di comportamento: le baby squillo dei Parioli utilizzavano il denaro guadagnato per appagare i propri desideri da teenager, come avere il capo d’abbigliamento all’ultima moda o la borsetta firmata, sperimentando in questo modo una sensazione di indipendenza rispetto ai propri genitori.
Alcune caratteristiche delle baby squillo “per scelta” possono essere così riassunte:
- In genere non si tratta di prostituzione da strada, ma piuttosto di incontri che vengono organizzati in appartamenti in affitto dagli sfruttatori, spesso nei quartieri “bene” della città.
- In genere non ci sono organizzazioni criminali propriamente dette che agiscono questo “commercio”, ma singoli individui che si occupano di tutto, come per esempio cercare i clienti, fissare gli appuntamenti, fissare il tariffario. In alcune situazioni però, può essere direttamente la minorenne che intrattiene il rapporto con il cliente, senza necessità di un intermediario.
- Le ragazzine iniziano la loro “carriera” accettando proposte esplicite in contesti quali le discoteche, attraverso i social network o il passaparola.
- I clienti, nella maggior parte dei casi, spesso appartengono a una classe sociale medio-alta. Si tratta di adulti che hanno la loro famiglia e in alcuni casi dei figli coetanei delle minorenni di cui abusano. La dimensione psicologica prevalente è quella narcisistica: l’agito avviene attraverso dinamiche di potere che hanno come oggetto una ragazzina vulnerabile, che si “compra” facilmente.
La responsabilità psicologica delle baby squillo viene neutralizzata attraverso meccanismi di disimpegno morale (Bandura, 2000). Questi meccanismi trasformano la condotta riprovevole in una condotta psicologicamente accettabile, normalizzando così ciò a cui si prestano. Dire “Ma non è come spacciare” è un chiaro esempio di come le minorenni tendono a giustificare questi comportamenti, minimizzando i propri agiti e legittimando quel tipo di condotta. Inoltre, attraverso la partecipazione a tali atti devianti, le baby squillo sperimentano abilità e competenze utili a comporre un’immagine di sé capace e in grado di portare a termine un progetto di azione.
Le ragazze coinvolte nei giri di prostituzione vanno considerate certamente vittime, anche se con alcuni livelli di partecipazione alla commissione dell’atto. Il trattamento psicologico di queste “vittime partecipi” potrebbe consistere nel favorire una maggiore consapevolezza di quelle parti di sé che hanno avuto un ruolo attivo nella dinamica del reato, attraverso l’acquisizione di una maggiore responsabilità rispetto al proprio benessere. Sollecitare la vittima nell’assunzione di responsabilità non significa però colpevolizzarla, ma l’intento è quello di evitare che essa possa percepirsi sempre come vittima passiva, impotente e incapace.
La prostituzione minorile nel nostro Paese, che vede coinvolte non solo le giovani ragazze, ma anche il genere maschile, è un fenomeno variegato e complesso, di cui tra l’altro, manca una stima univoca. Il fenomeno è molto più diffuso di quanto non si sia portati a pensare, è quindi necessario iniziare a porvi attenzione, nel tentativo di prevenire il più possibile questo problema così allarmante.
Dott.ssa Sofia Gibelli
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