L’aggregazione sociale è una tendenza naturale in quanto dimensione fondamentale della vita dell’uomo. Provando a stabilire una definizione generale di gruppo, possiamo affermare che è un insieme di individui che interagiscono tra loro in modo reciproco, sulla base della condivisione di interessi, scopi e regole, sviluppando ruoli e relazioni interne. Trasponendo le dinamiche relazionali all’interno dell’ambito criminologico, possiamo vedere come esse talvolta possono riguardare rapporti di totale condizionamento dall’altro e in questo senso, a partire dalla spontanea socialità umana, si può diventare persino dipendenti da un gruppo.
Uno dei termini con cui spesso si tende a connotare negativamente un gruppo è quello di setta
Che cosa sono le sette?
Il termine “setta” ha assunto con il passare del tempo un significato dispregiativo e più ristretto rispetto alla sua etimologia derivante dal latino “sequor”, che vuol dire genericamente “seguire”.
Oggi si definiscono sette quelle organizzazioni minoritarie, caratterizzate da una marcata tendenza a fare proseliti attraverso metodi immorali e/o illegali.
Secondo la psicologa statunitense Margaret Singer, una relazione settaria è un tipo di relazione in cui una persona induce intenzionalmente un’altra a divenire totalmente o quasi totalmente dipendente da sé e dal movimento, per quanto riguarda la maggior parte delle decisioni più importanti della vita.
Ogni setta, così come ogni gruppo, ha un suo leader ed in genere si tratta di un soggetto dotato di carisma e di grande intelligenza sociale, capace di utilizzare le proprie risorse comunicative per imporre sé stesso ai propri adepti in modo brillante e seduttivo.
Quello che solitamente avviene all’interno delle sette è un processo di manipolazione mentale messo in atto dal leader settario allo scopo di rendere i seguaci obbedienti alla sua volontà.
La manipolazione mentale consiste nell’applicazione di un sistema di strategie “che distrugge l’identità di un individuo” all’interno di una relazione di potere. Si tratta essenzialmente di “sistemi che cercano di minare l’integrità e l’autonomia decisionale di un individuo. L’essenza del controllo mentale consiste nell’incoraggiare la dipendenza e il conformismo e nel disinnescare l’autonomia e l’individualismo” (Hassan S., Mentalmente liberi. Come uscire da una setta, Avverbi Edizioni, Roma, 1999).
La manipolazione mentale non è solo un processo psicologico, ma anche un processo comunicativo: un bravo comunicatore è colui che riesce a veicolare messaggi semplici, anche se profondi e sorprendenti, concreti e credibili, facendo leva sui fattori emotivi e con una modalità narrativa facilmente riproducibile. Il leader settario in questo è indubbiamente infallibile. L’individuo, infatti, viene fin da subito riempito di attenzioni e fatto sentire parte di qualcosa di importante, in modo da rendere più semplice il passo successivo, ovvero quello di farlo sentire sempre meno padrone della propria vita, dei propri affetti, dei propri averi e, infine, della propria volontà.
Ma chi sono le vittime delle sette?
Possono essere persone che hanno vissuto una o più esperienze negative a livello personale, e questo le ha portate ad avere difficoltà nell’esprimere i propri bisogni provocando una situazione di disagio. Può essere una perdita del lavoro, un’insicurezza momentanea circa la propria vita, o semplicemente un amico fidato che ci invita a partecipare ad un nuovo gruppo di cui è entrato a far parte.
Con il passare del tempo è divenuto chiaro che chiunque può essere vittima di una setta, della manipolazione e dell’inganno.
Come avviene il processo di manipolazione mentale?
Il processo di manipolazione mentale si struttura principalmente in tre stadi di acquisizione della mente (Schein E.H., Schneier I., Barker C.H., Cohercive Persuasion, Norton, New York, 1961):
- Unfreezing (scongelamento): processo di scomposizione della persona, del suo carattere, dei suoi principi, dei suoi modi di essere.
Questa prima fase prevede una manipolazione fisiologica che può consistere in una vera e propria “ipnosi” tale da portare il soggetto a criticare la propria identità. In questa fase vi è una “ridefinizione del passato individuale” della persona, inculcando alla stessa falsi ricordi o facendole dimenticare i ricordi positivi del passato.
- Changing (cambiamento): processo di indottrinamento. In questa seconda fase vi è una creazione e un’imposizione graduale di una nuova “identità”. Vengono introdotte tutta una serie di idee, pensieri, stati d’animo, modi di essere che il soggetto crede di avere bisogno, in quanto si sente privo di personalità, privo di punti fermi, di principi.
- Refreezing (ricongelamento): processo di consolidamento della nuova identità, abbandonando quella vecchia. Ultima fase: vi è una separazione dal passato, una diminuzione (se non eliminazione) dei contatti con la famiglia e/o amici. In questa fase la persona può assumere addirittura un nuovo nome, può avere un nuovo abbigliamento, acconciatura, un nuovo linguaggio… e una nuova “famiglia”.
Il profilo giuridico
Il plagio nel diritto italiano era previsto dall’art. 603 del Codice penale, secondo cui “Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”. Tale norma è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 96 del 9 aprile 1981.
Tra i delitti contro la libertà morale vi è ad oggi l’art. 613 c.p., intitolato Stato di incapacità procurato mediante violenza, il quale afferma che “Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato di incapacità di intendere o volere è punito con la reclusione fino a un anno. (…)”. Il soggetto attivo è chiunque, trattandosi di reato comune. Quanto all’elemento oggettivo, due sono i presupposti della condotta: un presupposto positivo, ossia la capacità di intendere e di volere del soggetto passivo, e un presupposto negativo, e cioè la mancanza di consenso del soggetto passivo.
Ferma la mancanza del consenso perché non prestato o perché invalido, vale l’indifferenza del mezzo usato per superare la contraria volontà del soggetto.
Trattasi di reato a forma libera, la condotta può consistere (a) nell’attività diretta a porre una persona in uno stato di incapacità di intendere o di volere, (b) mediante suggestione ipnotica o in veglia, somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti o qualsiasi altro mezzo, mezzi che possono essere usati, se compatibili, anche cumulativamente.
Inoltre, circa il mezzo suggestivo, l’art. 613 c.p. distingue fra suggestione in veglia e suggestione ipnotica, consistente quest’ultima nella possibilità di indurre in un soggetto un particolare stato psicofisico, che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche, viscerali, del soggetto stesso per mezzo del rapporto che si è creato fra questo e l’ipnotista.
Il reato è a dolo generico: l’art. 613 c.p. richiede la sola coscienza e volontà di porre una persona in stato di incapacità di intendere e di volere e la consapevolezza della mancanza del consenso, quindi l’errore sull’esistenza o sulle condizioni di validità dello stesso esclude il dolo.
A tutela dell’integrità fisica e psichica della persona offesa, nonché della sua libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione, il legislatore con legge n. 110/2017 ha introdotto l’art. 613 bis c.p., con il quale: “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo”.
Dipendenza da un gruppo
Steven Hassan nel suo libro, Mentalmente liberi. Come uscire da una setta (1999), spiega che per risolvere un problema di “dipendenza da un gruppo” si possono seguire diverse strade.
Tutto è più semplice se si riesce a favorire una graduale consapevolezza del legame dipendente che si è stabilito con il gruppo: osservarsi da un altro punto di vista e dare ascolto alla propria voce interiore, sono i punti fondamentali indicati da Hassan per fuoriuscire dal controllo mentale.
Ciò è possibile quando la persona coinvolta nel problema riesce a riattivare le proprie capacità critiche, e la propria capacità di mettersi in discussione, rivedendo quegli aspetti di pensiero del gruppo che sono diventati dei nuovi punti di riferimento.
Spesso è necessario rispondere con l’aiuto professionale al bisogno di rielaborare quanto è accaduto, al fine di strutturare nuove reti relazionali positive, per evitare ricadute o problematiche psicosociali che comunemente possono seguire l’uscita dalle sette.
Riconoscere che una persona, o un’organizzazione, sta esercitando un’influenza negativa su di noi potrebbe essere il primo passo per provare se possibile, a cercare una via d’uscita.
Dott.ssa Jessica Grecchi
Dott.ssa Fabiana Cecoro
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